La Pizza Napoletana

… più di una Notizia scientifica sul processo di lavorazione artigianale

Paolo Masi e Annalisa Romano
Enzo Coccia
25,00 €
21,25 €

alt 16,5 cm x 24 cm
alt brossura cucita con bandelle
alt 172 pagine
alt 29 immagini a colori e 16 in b/n
alt 27 schede illustrate
alt 2015-5, 2016-2 ristampa, 2017-4 seconda ristampa, 2019-11 terza ristampa, 2023-11 quarta ristampa
alt ISBN 978-88-89972-51-9
alt stampa su carta Fedrigoni Symbol Tatami White 250 g/mq (copertina con bandelle) e 135 g/mq (interno) oppure Fedrigoni Symbol Freelife P.W. Satin (FSC) 300 g/mq (copertina con bandelle) e 150 g/mq (interno)



Lungi dall’essere un mero prodotto, una merce separata dalla dinamica socio-culturale della sua produzione, la pizza è un alimento al centro di un rituale sociale. Di una koinè che ha al suo centro il forno e il banco di lavoro del pizzaiuolo. Che, non a caso, nelle pizzerie napoletane tradizionali, non sono nascosti, ma si trovano al centro del locale, come un antico focolare. E il maestro non lavora dando le spalle agli avventori, ma sta di fronte a loro e intrattiene con le persone che mangiano un rapporto costante, un ininterrotto feed-back collettivo. Tanto da dar vita a forme tradizionali di credito comunitario. Come la pizza a ogge a otto, acquistata e mangiata subito ma pagata con otto giorni di dilazione. E come la cosiddetta “pizza sospesa”, nata sul modello del caffè sospeso, antica usanza partenopea di consumare un espresso e pagarne due, lasciando il secondo a disposizione di sconosciuti meno fortunati. Questa forma di generosità a favore di ignoti, che si fonda sul presupposto che una pizza non si nega a nessuno, fa del simbolo planetario dello street food un sinonimo di solidarietà.
A riprova del fatto che per far fronte alla crisi c’è bisogno innanzitutto di nuove idee. E curiosamente le idee più innovative si rivelano quelle che nascono dal cuore della tradizione. Dal welfare popolare, quello senza burocrazia e senza costi aggiunti. Tipico di chi all’emergenza dà del tu da sempre. Qualcuno oggi la chiamerebbe margherita etica. Forse è semplicemente altruismo alla napoletana.

Dalla presentazione di Marino Niola


Visto il successo mondiale raggiunto dalla pizza e il grado di eccellenza raggiunto dai maestri pizzaioli ormai presenti ovunque, anche al di fuori dal Paese dove questo, semplice ma delizioso, prodotto è nato e si è diffuso, viene da domandarsi perché lo si voglia osservare con il rigore dell’approccio scientifico. A un’attenta riflessione questa scelta non appare affatto strana. Se si vuole uscire fuori dai confini del folclore, dall’empirismo, dai luoghi comuni e dalle false credenze, il solo modo per farlo è comprendere il perché certi fenomeni si sviluppano in un modo piuttosto che in un altro, perché certe materie prime danno luogo a risultati e altre a risultati diversi, perché lievi differenze nella preparazione portano a pizze con certe caratteristiche sensoriali piuttosto che ad altre. Sapere cosa lega fra loro la composizione delle materie prime al comportamento dell’impasto, la struttura dell’impasto alle caratteristiche organolettiche della pizza è il solo modo per decidere come e quando intervenire per ottenere un risultato desiderato o correggere gli errori e avere così completa padronanza di un’arte sviluppata con la pratica nei secoli e che ha reso la Pizza un prodotto tipico frutto dell’esperienza dei pizzaioli napoletani.

Dalla premessa degli autori



Presentazione del volume il 30 maggio 2015, ore 10:30, in occasione di Mediterraneo e dintorni 2015.

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