Non è tanto la lava che scende, ma il cemento che sale a provocare un rischio Vesuvio. Lo ha detto l’assessore Nino Daniele nel suo intervento di saluto al convegno alla Stazione marittima di Napoli il 7 dicembre 2016 per il 175 anni dell’Osservatorio Vesuviano.
È, questa, un’osservazione che si sposa con quella ripetuta da tempo dai sismologi secondo i quali non è il terremoto che fa vittime, ma la casa che crolla intentendo, evidentemente, una casa mal costruita.
Sono due concetti che ben sottolineano le responsabilità umane rispetto a quelle della natura la quale, manifestandosi con fenomeni quali i terremoti e le eruzioni vulcaniche, fa, per così dire, il suo mestiere. Mentre non altrettanto fa l’uomo che non tenendone conto incrementa, a volte crea, la vulnerabilità delle aree nelle quali quei fenomeni si manifestano e che non a caso si chiamano sismiche e vulcaniche.
Tra l’altro, poi, è importante notare che Daniele ha fatto l’osservazione che citavo nel suo intervento sottolineando l’importanza dello stretto rapporto tra natura e cultura. Dove, in questo caso, per cultura non si intende quella che secondo alcuni non dà da mangiare e secondo altri, sempre più numerosi, ne dà anche parecchio, ma s’intende la capacità di tesaurizzare le conoscenze, diffonderle con comunicazioni puntuali e corrette per migliore e salvare sempre più vite.
È un risultato per raggiungere il quale importantissimo è stato il ruolo dell’Osservatorio Vesuviano che, fondato nel 1841 e affidato a quel grande scienziato che fu Macedonio Melloni, è il più antico presidio scientifico vulcanologico della Terra. Prima e a lungo come istituzione “autonoma” e, poi, dal 2000 entrato a far parte del più ampio e comprensivo Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV).
L’idea di istituire un Osservatorio e la conseguente richiesta al Governo Borbonico dell’epoca fu avanzata nel 1829 dal naturalista Teodoro Monticelli e accolta da re Ferdinando II grazie al sostegno del ministro Nicola Santangelo che molto auspicava il progresso nel campo della tecnologia e delle scienze.
Come dicevo, la prima direzione fu affidata al fisico Macedonio Melloni il quale, inaugurando quello che fu denominato Osservatorio Meteorologico Vesuviano in occasione del VII Congresso degli Scienziati Italiani tenutosi a Napoli il 1845, spiegò il perché e l’importanza di questa istituzione: “Signori, noi abbiamo rapiti i fulmini al cielo; ma quel che è e quel che segue a poca profondità sotto questa terra che tutti calpestiamo e dove tutti abbiamo vita e morte, è ancora un gran mistero per noi. Dio mi guardi di presumer tanto di me stesso, ch’io ardisca promettermi di sollevare questo grave velo, dove mani sterminate più vigorose sentirono pur troppo la loro impotenza.”
Non Dio, ma il governo borbonico gli impedirono di mettere in atto questa “presunzione” perché, sospettato di simpatie liberali, Melloni fu destituito dalla direzione il 6 novembre 1849.
Per rendersi conto dell’importante ruolo svolto dall’Istituto non solo nella vulcanologia ma nelle scienze della Terra nel loro complesso, basterebbe ripercorrere la storia dell’Istituto e dei direttori che si sono succeduti alla sua guida ricostruita con puntualità da Giovanni Ricciardi: da Melloni a Luigi Palmieri da Vittorio Matteucci a Giuseppe Mercalli a Giuseppe Imbò sino ai più recenti e contemporanei Giovanni Macedonio, Marcello Martini, Giuseppe De Natale all’attuale Francesca Bianco.
La sede dell’Osservatorio per oltre un secolo, sino al 1983, è stata ubicata a quota 608 metri al Colle del Salvatore sul Vesuvio in un edificio neoclassico dell’arch. Gaetano Fazzini. Poi, dopo l’ultimo rilevante fenomeno bradisismico, è stata trasferita a Napoli in via Manzoni sulla collina di Posillipo e successivamente, ampliata e potenziata, negli edifici di Via Diocleziano. Sul Vesuvio è rimasta quella che si definisce “la sede storica” dove è ospitato il museo vulcanologico con gli antichi strumenti inventati e utilizzati in 150 anni. L’occasione dell’evento del 7 dicembre è stata colta anche per ricordare la figura dello scomparso Paolo Gasparini che dell’Osservatorio è stato direttore dal 1970 al 1983. Ed è significativo che il ricordo sia stato affidato oltre che a Roberto Scandone a due direttori che a Gasparini sono succeduti, quali Giuseppe Luongo e Lucia Civetta.
La giornata celebrativa organizzata dall’ l’INGV-OV centosettancinque anni dagli eventi che hanno tanto positivamente segnato la loro storia disciplinare è stata importante. Come sempre importanti sono le occasioni nelle quali, senza allarmismi ad effetto e catastrofismi di maniera, si ricorda che con questi eventi bisogna fare i conti e che se li si conosce se ne possono ridurre sino ad evitarne gli effetti calamitosi.