L’arte e la natura hanno sempre avuto un rapporto privilegiato. Un legame sottile che le unisce dagli albori della storia dell’uomo: fin da quando l’uomo ha iniziato a produrre arte, la natura è stata la prima delle muse. È stato così nella pittura, a partire da quella rupestre delle grotte francesi di Lascaux, fino alle nuove forme d’arte visiva, come le opere del video maker Jarbas Agnelli, che trasforma gli uccelli in note musicali in Birds on the Wires. Alla natura si sono ispirati anche scrittori e poeti da Shakeaspeare a Leopardi; molte opere di musicisti come Vivaldi, Haydn, Couperin, Messiaen, sono state create con il solo scopo di imitare il canto degli uccelli, mentre Paul Winter e Judy Collins dagli anni ’70 si sono rifatti alle melodie di balene e megattere. Persino le piante hanno ispirato concerti, come Botanica, il progetto multimediale sviluppato dal collettivo musicale DeProducers insieme al neurobiologo vegetale Stefano Mancuso.
Insomma il rapporto tra musica e natura è di certo molto stretto, ma non sempre chi ama la prima rispetta la seconda. Anche se dichiara il contrario. Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti, ha lanciato il suo nuovo tour, il Jova Beach Party, che toccherà 12 spiagge italiane tra luglio e agosto. Ma due di queste sono tra i pochissimi siti di nidificazione italiani del fratino (Charadrius alexandrinus): un piccolo uccello migratore a rischio di estinzione. Sono la spiaggia di Fermo nelle Marche e quella di Torre Flavia nel Lazio. E quest’ultima è pure un’area protetta, un’oasi naturale nonché ZPS: zona di protezione speciale. I problemi perciò sono diversi, dall’inquinamento acustico che non ha barriere, ai rifiuti che si dovranno raccogliere alla fine della festa. Inoltre il rischio di schiacciare le uova dei fratini, deposte a terra e mimetiche, pur involontariamente, è altissimo. Senza contare che con l’assembramento di persone previsto, trovare cibo a sufficienza – per lo più piccoli invertebrati che vivono nella fascia del bagnasciuga – per questi uccelli potrebbe diventare molto difficile, se non impossibile.
Così a segnalare al cantante la grossa cantonata ci ha pensato prima la Lipu – la Lega Italiana per la Protezione degli Uccelli, e poi anche il Comitato Nazionale per la Conservazione del Fratino. Il cantante ha risposto, ci ha tenuto a sottolineare la sua attenzione alle tematiche ambientali, ha spiegato che il tour è “plastic free” grazie alla collaborazione con il WWF, e che il suo Jova Beach Tour arriverà a nidificazione conclusa. Bene, verrebbe da dire. E la prova è che la data di Fermo è stata spostata. Ma Torre Flavia, l’area tra l’altro più delicata? Non pervenuta: nulla è cambiato nell’organizzazione del tour. Eppure la soluzione per Torre Flavia ci sarebbe, basterebbe spostare l’evento in un’altra località, magari a Montalto Marina o a Santa Severa, dove il fratino non c’è. Ma in realtà la vera domanda da porsi è un’altra e va ben oltre il fratino.
Viene quindi da chiedersi qual è la necessità di eleggere le spiagge – e in particolar modo le poche spiagge con una parvenza di naturalità nella nostra penisola – a luogo ideale per un concerto? Non sarebbe più rispettoso per la natura che tanto si vuole celebrare, tenere il concerto in un’area adatta e con acustica perfetta?
La naturalità delle coste italiane, infatti, è già stata messa a dura prova. Dal dopoguerra in poi, sono iniziate a sparire le paludi costiere; le dune sabbiose sono state decimate, spazzate via e coperte da colate di cemento. Al loro posto sono state costruite strade litoranee, parcheggi o interi stabilimenti balneari. Si sono create le condizioni ottimali per far avanzare l’erosione costiera e poi ci si lamenta che non c’è abbastanza sabbia su cui piantare gli ombrelloni. La pulizia delle spiagge è diventata meccanica: le alghe portate a riva dal mare in burrasca, i germogli di gigli di mare o di salicornia vengono ripuliti con mezzi meccanici. Vengono raccolti come fossero rifiuti, al pari dei mozziconi di sigarette e della plastica lasciata dai bagnanti a fine giornata.
Ormai è così per la maggior parte dei lidi in tutte le principali località turistiche. Per la maggioranza degli italiani le spiagge sono concepite come distese di sabbia pulita e spianata, dove si possono trovare tutti i confort: ombrelloni e lettini già dal mattino presto, servizio bar, ristorante, bagni, parcheggi, campetti sportivi per beach volley, racchettoni e via dicendo. E ovviamente, in orario di aperitivo o la sera, non mancano feste e festini per tutta l’estate.
Ma in spiagge ormai già praticamente abiotiche, che sono lingue di silice e quarzo abbracciate dal cemento, dove al massimo qualche lido sceglie il legno non per la sostenibilità, ma perché in stile chabby-chic, cose di questo genere possono anche essere tollerate. Ma alle porte di un’area protetta, in una delle poche spiagge italiane che ancora conserva una certa naturalità, no. E lo stesso vale per un concerto che dura un’intera giornata. Non per il cantante in sé, ma per il tipo di evento: basti pensare che l’ultimo tour dell’artista ha chiamato a raccolta oltre 600.000 fan e ha girato l’Italia con 110 persone di staff e 27 camion. Un’oasi protetta non è il posto adatto a 27 camion, e migliaia di persone tra fan e staff: non è il luogo idoneo per un concerto. E non si tratta solo del fratino che negli ultimi 30 anni ha visto dimezzare la sua popolazione sulle coste laziali e non solo. Ma si tratta dell’intero ecosistema litoraneo. A partire dalle dune rimaste che verranno calpestate, le cui piante verranno strappate dal calpestio se non addirittura per opere di “pulizia” per far trovare il sito “in ordine”. Ormai i gigli di mare (Pancratium maritimum), la salicornia, la camomilla marina (Anthemis maritima) sono diventate una rarità, si trovano solo nelle spiagge più naturali che hanno ancora un profilo dunale. Negli altri tratti costieri sono state spazzate via insieme alle dune e a volte sostituite da oleandri, pittosforo o dal fico degli ottentotti (specie aliena) piantati a dividere l’ingresso delle spiagge dalla strada litoranea.
Le specie animali risentiranno invece dell’inquinamento acustico, ma ci potrebbero essere problemi ben più gravi. Dal fallimento della nidificazione per abbandono o distruzione del nido, non solo per il fratino ma anche per altri uccelli. Dobbiamo poi ricordarci che per esempio a fine giugno, inizio luglio, è possibile vedere minuscoli rombi lisci (Scophthalmus rhombus) o chiodati (Psetta maxima) appena nati che arrivano fin sul bagnasciuga, nuotando a pelo d’acqua. O ancora in alcune delle aree più naturali, sulle nostre coste, nidificano le Caretta caretta, altra specie protetta e a rischio di estinzione. Le femmine aspettano il momento giusto per emergere dal mare e deporre le uova in spiaggia, ma sono facilmente disturbate dalla presenza di persone, rumori e luci. E alla presenza di un concerto non potranno che abbandonare il sito scelto e raggiunto con tanta fatica dopo mille peregrinazioni in mare.
Dovremmo smetterla di vivere le spiagge come abbiamo fatto fin dagli anni ’70, a nostro uso e consumo. E capire che il litorale è un ecosistema delicatissimo, dove per esempio già la semplice rimozione delle alghe portate dal mare sulla spiaggia innesca una serie di effetti a cascata, che impoveriscono la biodiversità litoranea. Eliminando le alghe morte che si spiaggiano, si eliminano anche i talitri, meglio conosciuti come pulci di mare: piccoli crostacei, innocui per l’uomo, che si nutrono di queste alghe e che sono a loro volta una preziosa fonte alimentare per gli uccelli. Insomma dovremmo imparare che le spiagge sono ecosistemi delicati, nei quali dovremmo entrare in punta di piedi, non con 27 camion e un impianto audio da far invidia all’arena di Verona. Perché, vale la pena sottolinearlo, l’unica musica degna di suonare in spiaggia è quella delle onde del mare.