Che tristezza. Anche Galasso. Quando si è un po’ avanti negli anni – parlo di me, naturalmente – all’improvviso vengono meno gli interlocutori di una vita. Con Galasso ci conoscevamo da ben oltre cinquant’anni; da quando, appena laureato in Scienze Politiche con Francesco Compagna, cominciai a frequentare Nord e Sud e, grazie a loro, a conoscere una quantità di persone/personalità.
Che tristezza per quella Napoli che continua a scomparire lasciando segni di irrecuperabile importanza. Irrecuperabile non solo per la loro rilevanza, ma anche per la sostanziale pochezza di tanti tra quelli che ne sono venuti dopo.
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Molti hanno ricordato Giuseppe Galasso come proponente e firmatario della legge del 1985 sui beni paesaggistici e ambientali che porta, appunto, il suo nome. È un modo certamente importante per ricordare la figura dello scomparso, tuttavia riduttivo perché finisce col trascurare la complessa figura dello storico, del meridionalista, dell’uomo politico deputato e sottosegretario, del professore, del giornalista e dell’autore di molte fondamentali opere di storia e non solo.
La figura di chi, come diceva a proposito di Napoli, aveva «con le pietre della città, con i muri delle case, con le vie e con le piazze, con tutto il paesaggio napoletano un rapporto fisico, ancestrale».
Un rapporto lungo di anni. Ottantotto quelli della sua vita, ma pochi di meno quelli del suo impegno civile e politico: da Nord e Sud alla presidenza della Società di Storia patria; dalla presidenza della Biennale di Venezia a quella della Società Europea di Cultura; dal Comune di Napoli al Parlamento al Governo.
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha lamentato la scomparsa di «una grande figura del mondo intellettuale italiano» che «alla sua cultura di storico e di studioso del pensiero politico ha saputo unire una ricca umanità e una incrollabile passione civile, che ha animato nel tempo il suo impegno e ha contribuito a rafforzarne l'autorevolezza».
È stata questa una delle più sensibili e precise descrizioni del profilo di Galasso. Così quella “autobiografica” rilasciata al suo caro e fedele allievo, Aurelio Musi, al quale, fra l’altro, in occasione del suo 88° compleanno aveva raccontato «Ho fatto lo sguattero, il facchino e l’aiutante dei militari francesi e americani… Ho iniziato a studiare nella Biblioteca Circolante di via Latilla, quando abitavo a Montesanto. Qui iniziai a formare una biblioteca tutta mia, con trecento volumi che custodivo in una cassapanca. Questa però fu attaccata da animalacci e quei volumi andarono quasi del tutto perduti…».
Io ho avuto un rapporto di sincero, reciproco affetto. Mi considerava quel “fissato” ma giusto studioso della “qualità della vita” e in qualche modo lo incuriosivo. Me lo dimostrò un giorno di parecchi anni fa quando mi chiese per chi abitualmente votassi e alla mia risposta “per gli indipendenti di sinistra” (c’era ancora il PCI, per intenderci) mi disse che lo aveva immaginato.
Ora da un paio di mesi ci eravamo rivisti e risentiti con frequenza perché il volume che ho appena terminato per Guida sta in una sua collana e, di conseguenza, lo ha letto e arricchito di consigli. Due giorni prima me ne aveva dato l’Ok.
Un motivo in più di affettuosa riconoscenza e di doloroso rimpianto.