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Ma questi sono gli anni in cui a effettuare un salto di qualità sono i computer analogici. Tra i protagonisti di questo sviluppo c’è l’americano Vannevar Bush.

Alla fine della Prima guerra mondiale vi sono numerosi centri di sviluppo dell’ingegneria elettrica negli Stati Uniti, tra cui, le principali, sono: i Bell Telephone Laboratories, nati nel 1925 quando la il dipartimento di ricerca della American Telephone and Telegraph (AT&T) fu trasformato in un gruppo autonomo; la General Electric, fondata nel 1892, che ormai che si occupa non solo di elettricità ma anche di telecomunicazioni; il Massachusetts Institute of Technology (MIT), un’università privata nata nel 1861 per favorire lo sviluppo delle scienze applicate all’industria con particolare attenzione alle tecnologie innovative.

È in questi centri che, nel corso degli anni ’20, ingegneri e matematici si incontrano per affrontare insieme gli aspetti fondamentali connessi all’uso, in ogni campo, dell’elettricità. Tra loro c’è, appunto, Vannevar Bush. Terzo di sette figli (primo maschio), Bush è nato a Everett, nel Massachusetts, l’11 marzo 1890. Il padre è pastore universalista. Vannevar frequenta le scuole superiori, l’high school, a Chelsea, dove si diploma a 19 anni, dove si in particolare per la sua speciale attitudine per la matematica. Si iscrive poi alla facoltà di ingegneria del Tufts College: l’università, privata, nei pressi di Boston dove aveva già studiato il padre. In capo a quattro anni, nel 1913, consegue sia il bachelor’s degree, la laurea breve, sia il master’sdegree, il titolo che viene assegnato agli studenti che hanno approfondito con successo un ambito di studi particolare. Con la tesi di master il giovane realizza la sua prima invenzione, uno strumento – che battezza “profile tracer”, il tracciatore di profilo – in grado di fornire un significativo aiuto ai geometri, perché calcola in maniera automatica l’altezza del terreno e di elaborarne, appunto, il profilo.

Nel 1917 il giovane Bush consegue il dottorato in ingegneria sia presso il Massachusetts Institute of Technology (MIT) sia presso la Harvard University. Ma è tempo di guerra e, in quel medesimo anno, l’ingegnere inizia a lavorare a progetti di interesse militare, come la messa a punto di tecniche per il rilevamento dei sottomarini. È per questo che entra a far parte del National Research Council degli Stati Uniti d’America.

Dopo la guerra gli interessi di Bush sono ormai rivolti ai processi automatici. In breve diventa uno dei grandi pionieri dei computer analogici, come, per esempio, quella in grado di controllare 1.000 impronte digitali al minuto che l’ingegnere realizza e propone, sia pure senza successo, all’FBI.

Ma è nel 1925 che Vannevar Bush, con alcuni collaboratori del Massachusetts Institute of Technology, progetta il “Differential Analyzer”, che sarà messo a punto nel 1927. Si tratta di una macchina automatica – un computer meccanico – capace di risolvere equazioni differenziali complesse, anche a 18 variabili indipendenti. È questo il primo computer analogico mai costruito che abbia un uso pratico.

Il Differential Analyzer, infatti, funziona in maniera soddisfacente e così ne vengono prodotti una decina di esemplari, uno dei quali viene utilizzato dall’esercito americano per calcoli balistici fino all’inizio degli anni ’50.

Nel 1929 Vannevar Bush scrive un libro, Operational Circuit Analysis, che ha come appendice un testo di Norbert Wiener sull’analisi di Fourier e le serie asintotiche, che contiene le basi matematiche del Differential Analyzer. Bush ha due problemi che intende affrontare: risolvere le equazioni algebriche necessarie per descrivere il funzionamento delle moderni reti elettriche e risolvere le equazioni differenziali ordinarie.

Quando Lord Kelvin aveva progettato la sua macchina, pensava che potesse risolvere l’integrale del prodotto di due funzioni: chiamiamole f1(x) e f2(x). L’integrale, lo diciamo a benefico del lettore che sa poco di matematica, altro non è che l’area sottesa a una curva. Dunque Lord Kelvin voleva che la sua macchina fosse in grado di calcolare l’area sottesa alla curva generata dal prodotto f1(x)f2(x). Vannevar Bush è interessato a risolvere i problemi di tipo elettrico, che spesso coinvolgono funzioni sinusoidali, quelle che descrivono un’onda per intenderci. Jean Baptiste Joseph Fourier aveva dimostrato, all’inizio del XIX secolo, che ogni onda, per quanto complicata, può essere descritta come la somma di semplici onde armoniche, e dunque, matematicamente, come lo sviluppo di una serie. Utilizzando la matematica relativamente sofisticata – lo sviluppo in serie di Fourier –, dunque, Bush mette a punto una macchina capace di risolvere le equazioni differenziali che interessano gli ingegneri che si occupano di questioni elettriche. Per esempio calcolare come in un circuito variano la corrente e il voltaggio in funzione del tempo.

 

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Fonte: Computer History Museum.

 

Dopo il 1927 la General Electric e Bush mettono a punto un analizzatore differenziale non puramente meccanico, ma fornito anche di azionamenti elettrici. Il primo verrà istallato nel 1940 alla University of California. La presenza dell’elettricità in un computer costituisce una novità. Stanno per nascere nuovi tipi di macchine da calcolo, elettromeccaniche. Ma occorrono uno o più giorni per impostarla, la macchina di Bush. L’ideale di Leibniz è ancora lontano.

Così scrive esplicitamente l’ingegnere nel 1931:

Lo stato attuale della fisica e dell’ingegneria è particolarmente favorevole allo sviluppo [di calcoli per la soluzione dei problemi dell’ingegneria elettrica]. L’ingegneria elettrica, per esempio, che ha affrontato nel corso della sua storia problemi che coinvolgono sostanzialmente reti lineari, sta ora rapidamente introducendo in questi metodi elementi la cui caratteristica saliente è la non-linearità ed è abbastanza sconcertata dalla matematica necessaria. I fisici matematici hanno trovato continuamente ostacoli nella complessità piuttosto che nella profondità delle equazioni che essi usano. […] Nessuna macchina e nessun programma di sviluppo può soddisfare queste necessità. […] Vi è molto lavoro da fare prima che possa essere pienamente realizzato l’ideale di Leibniz.

 

(5. continua)


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